Nessuna delle alternative secondo me. La ragione alla base di questo poco rispetto per il proprio corpo ed essere è assai vicina ai contenuti di un libro che mi è finito tra le braccia tempo fa: Psicologia del nichilismo.
Un mattonazzo che solo un autolesionista può affrontare in fase adolescenziale
.
In soldoni, secondo questo libro ed anche le conferme che ho avuto, l'essere umano si sente separato dalla natura e dal resto della sua comunità e proietta questo disagio della coscienza in azioni autodistruttive. E' convinto che facendo dei gesti avventati e autodistruttivi possa in qualche modo non solo trarne piacere (perchè del piacere fisico sicuramente danno) ma anche attrarre l'attenzione altrui. L'attenzione non arriva e allora diviene una corsa al piacere immediato e passeggero.
Per me non c'è un senso del sacro nel tossico che si fà, nell'alcoolista o nel pappone.
Un conto sono gli espedienti per rendere mobile ed elastica la consapevolezza (vedi peyote o psilocibe per gli shamani, la prostituzione sacra che smuoveva le energie creative ai fini di una successiva sublimazione, il digiuno), fin dall'inizio sono pratiche finalizzate al raggiungimento di una dimensione sacra. Altro conto è la sregolatezza finalizzata all'annichilimento.
Fermo restando infine che non c'è assoluto bisogno degli espedienti sopra menzionati per ottenere un ampliamento di coscienza.
L'uso di droghe non si può esimere dalla guida di uno shamano autentico, che comunque per delusione dei più è ben restìo a somministrare queste "stampelle della coscienza" all'occidentale medio.
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La libertà che significa unicamente indipendenza è priva di qualsiasi significato. La perfetta libertà consiste nell'armonia che noi realizziamo non per mezzo di quanto conosciamo, ma di ciò che siamo.
( Rabindranath Tagore )