il corpo profanato

Ho pensato di aprire questo sondaggio/discussione perchè molte delle patologie e dipendenze che si riscontrano oggigiorno soprattutto nei giovanissimi ma anche negli adulti, spesso assomigliano a delle aberrazioni di pratiche presenti in vari culti.
L'abuso di droghe, i disordini alimentari (anoressia e bulimia), l'alcolismo, lo sfruttamento della prostituzione...
Per ognuna di queste si può trovare un esempio nelle pratiche, nei rituali e nelle usanze di vari popoli e credo.
L'uso controllato di piante e funghi allucinogeni è conosciuto, e in alcune zone diffuso ancora oggi, come veicolante e modo di mettersi in connessione col divino. Il vino, nelle libagioni e nell'Eucaristia. Il digiuno nelle pratiche ascetiche. Il rapporto sessuale come congiunzione degli opposti e, come negli altri casi, connessione con la dimensione divina.
Secondo voi, perchè delle pratiche, dei modi di fare un tempo "sacri" sono diventati una moda e poi una, potremmo definirla, maledizione?

secondo me i posti dove si praticano riti che prevedono l'uso di droghe o rapporti sessuali o digiuni sono anche posti dove il culto è più personale, nel senso che praticare è normale, fa parte della vita di tutti i giorni. in India, per esempio, nelle zone più "arretrate" dove si vive come secoli fa, la religione c'è in tutto ciò che si fa durante la giornata, o quasi. stessa cosa in altre zone dell'oriente, è molto più sentita come cosa, non come qui dove molti dicono di professare una religione e poi vanno in chiesa due volte l'anno, nel caso dei cristiani. quando una cosa è vissuta ogni giorno in ogni cosa che fai è più naturale viverla anche fisicamente, vedere il rpoprio corpo come un tempio

Nessuna delle alternative secondo me. La ragione alla base di questo poco rispetto per il proprio corpo ed essere è assai vicina ai contenuti di un libro che mi è finito tra le braccia tempo fa: Psicologia del nichilismo.

Un mattonazzo che solo un autolesionista può affrontare in fase adolescenziale .

In soldoni, secondo questo libro ed anche le conferme che ho avuto, l'essere umano si sente separato dalla natura e dal resto della sua comunità e proietta questo disagio della coscienza in azioni autodistruttive. E' convinto che facendo dei gesti avventati e autodistruttivi possa in qualche modo non solo trarne piacere (perchè del piacere fisico sicuramente danno) ma anche attrarre l'attenzione altrui. L'attenzione non arriva e allora diviene una corsa al piacere immediato e passeggero.

Per me non c'è un senso del sacro nel tossico che si fà, nell'alcoolista o nel pappone.

Un conto sono gli espedienti per rendere mobile ed elastica la consapevolezza (vedi peyote o psilocibe per gli shamani, la prostituzione sacra che smuoveva le energie creative ai fini di una successiva sublimazione, il digiuno), fin dall'inizio sono pratiche finalizzate al raggiungimento di una dimensione sacra. Altro conto è la sregolatezza finalizzata all'annichilimento.

Fermo restando infine che non c'è assoluto bisogno degli espedienti sopra menzionati per ottenere un ampliamento di coscienza.

L'uso di droghe non si può esimere dalla guida di uno shamano autentico, che comunque per delusione dei più è ben restìo a somministrare queste "stampelle della coscienza" all'occidentale medio.

Secondo me i motivi cambiano da persona a persona, un po' tutti possono essere causa di squilibri, incluso la ricerca del sacro che senza una regolatezza diventa autodistruzione (in questo momento mi passa per la mente l'autoflagellazione, il cilicio e altre pratiche di mortificazione di stampo prettamente cristiano, che qualcuno scommetto potrebbe paragonare ai sacrifici e alle torture iniziatiche di alcuni popoli sudamericani - sto ragionando a banda larga, mi piace prendere in considerazione anche le ipotesi più assurde, a volte qualche spunto si trova )